VIAGGIO NELLA STORIA 3
DAL PRIMO DOPOGUERRA AL NEOREALISMO.
La pittura trova nella fotografia la tecnica che la dispensa dal dover riprodurre la realtà, confinandola, secondo la cultura del Diciannovesimo secolo, in un ruolo subalterno, meccanico. Da qui nasce l’esigenza di dimostrare la valenza del mezzo fotografico come forma espressiva, non solo nei tagli visivi, ma soprattutto nello sviluppo di tecniche chiamate pittorialiste, che proponevano, sulla falsariga dell’arte incisoria, la litografia soprattutto, una serie di metodi come quelli alla gomma bicromatata, alle polveri di carbone (carbon velour), o con viraggi che intonavano le immagini con colori che le facevano assomigliare alle inchiostrature delle incisioni.
Questo tipo di fotografia ebbe larga diffusione e riconoscimenti attraverso importanti riviste come Camera Work, La fotografia italiana o le prime associazioni fotografiche quali la Società Fotografica Italiana (SFI). C’è una grande attenzione per le alte e basse luci, per essenziali inquadrature con pochi elementi, spesso ispirati a momenti romantici, silenti, con chiari riferimenti alla pittura intimista dell'ultimo ventennio dell'Ottocento.
Nel gruppo della Photo-secession (1902), guidata a New York da Alfred Stieglitz, nasce l’esigenza di superare i modi pittorialisti per proporre un uso più puro e diretto del mezzo fotografico, mantenendone, spesso, i soggetti. L’ultimo numero della rivista Camera Work del 1917 è completamente illustrato con fotografie di Paul Strand il quale diventa il capostipite della fotografia contemporanea. Edward Weston, Ansel Adams, Walker Evans, Imogen Cunningham, assistiti dal critico Beamont Newhall, elaborano un modello visivo nuovo detto Straight Photography (fotografia diretta). Con questa azione di pragmatismo culturale e di fedeltà al mezzo si produrranno le celebri immagini di questa scuola attiva specialmente in California e Nuovo Mexico. In Europa, in Francia e in area germanica, soprattutto, esiste già, fino dai primissimi anni Venti, un uso simile a quello americano della fotografia. Dal precursore Eugene Atget fino a maestri come August Sander, Karl Blossfeldt, Albert Renger-Patzsch e il boemo Josef Sudek, è prodotta una fotografia che fa della sistematicità su grandi temi un estetica antiretorica, lontana concettualmente da quella americana.
È necessario ricordare che grazie a scuole all'avanguardia come il Bauhaus, mostre e pubblicazioni influenzate da correnti culturali come il Surrealismo o il design di matrice austriaca, tedesca e ceca vengono pubblicati cataloghi come Foto-Auge, curato da Franz Roh e Jan Tschichold, o altre personalità come Xanti Schawinsky, lasciando tracce considerevoli anche nella cultura visiva italiana. Poi c'è lo sperimentalismo di Christian Schad, di Laszlo Moholy-Nagy, Man Ray e altri come Anton Giulio Bragaglia e, all'opposto, vede le nazioni totalitarie appropriarsi di uno stile che originariamente era stato rivoluzionario e poi fatto proprio dal fascismo, dal comunismo staliniano e, infine, quello nazista, elaborato, al di là dell'ideologia, con eccezionale sapienza della regista Leni Riefensthal. Per finire, visti i progressi tecnici della fotografia con l'uscita di apparecchi portatili come la Ermanox, la Leica, la Contax e la Rollei Flex si afferma il fotogiornalismo di Salomon, Capa, Cartier Bresson, dando grande rilievo all'immediatezza e alla rapidità del colpo d'occhio, operando in prima persona negli scenari di guerra.
Con l’opera dei maestri della costa del Pacifico la fotografia in bianco e nero, dagli anni Trenta alla fine dei Cinquanta, raggiunge il suo apogeo espressivo e tecnico: con Edward Weston assume connotazioni di altissima valenza artistica, mentre con il perfezionismo di Ansel Adams la fotografia diventa promotrice di una nuova sensibilità nella difesa dell'ambiente. Oltre alla celebrazione della natura negli anni Cinquanta, si fa strada un nuovo modo di vedere: l'ambiente diventa tema per osservazioni più profonde, per un recupero culturale di un vedere educato oltre all’elementare celebrazione. Minor Withe, Harry Callahan, Herbert List, possono rappresentare questo nuovo approccio, anche perché, nel frattempo il paesaggio ancora intatto subisce sempre più l’offesa dello sfruttamento.
I tedeschi Bernd e Hilla Becher, già negli anni Cinquanta, sono i primi indagare metodicamente il territorio alla ricerca di reperti di archeologia industriale. Anche in America Robert Frank e più tardi Ed Ruscha, negli anni Sessanta, rilevano gli stessi temi, portati fra l'altro sugli schermi dal film Easy Rider con la regia di Dennis Hopper e Paris Texas di Wim Wenders. Nel 1975 Robert Adams organizza la mostra New Topographics a Rochester che solleva un ampio dibattito negli USA. Assieme ad un gruppo di altri fotografi, negli anni Ottanta, con la mostra Dialectical Landscape, consolida un nuovo modo di osservare il paesaggio. L’atto di questo gruppo americano, degli allievi dei Becher in Germania e di altri fotografi individualmente, produce una nuova coscienza dell'ambiente. Da una parte c’è, vigorosa, la denuncia del degrado alla quale segue la ricerca nostalgica di un mondo perduto, da osservare nei lembi di paesaggio ancora intatti, o nell’intimità delle proprie memorie e affetti. La cultura fotografica, ormai consolidata, riflette su se stessa e cerca una mediazione fra le esigenze di documentazione e la riscoperta di temi che tengano conto della cultura visiva e artistica del proprio tempo. I significati si sovrappongono alle immagini, queste ultime suggeriscono collegamenti, richiamano, con autonomia, una propria poetica, offrono stati visivi emozionali.
Questi temi erano dibattuti già negli anni Trenta, ma sarà nel secondo dopoguerra che verranno definite le estetiche sulle quale articolare l’azione fotografica. Quelle formulazioni creano vere e proprie correnti fotografiche, talune ancora vive. Anche l’Italia partecipa a questa rinascita, grazie al cinema Neorealista e alle nuove tendenze culturali quali l'Esistenzialismo.
Una fotografia meditata, filtrata attraverso conoscenze che vanno oltre ad essa, stimoli raccolti al di fuori della tradizione visiva consolidata che pone le basi di un possibile salto di qualità della fotografia, verso una coscienza colta che superi i romanticismi e i deliri di onnipotenza, dove la citazione, il richiamo a temi da rivisitare, siano fonte di nuove sperimentazioni.
Floriano Menapace, 17/03/2016