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CITAZIONI D'AUTORE

Daguerre03Era il 7 gennaio del 1839 quando venne annunciata l'invenzione della Fotografia ad opera di Louis-Jacques-Mandé Daguerre. Le reazioni del mondo accademico e culturale dell'epoca furono varie e spesso di segno contrario, come testimoniano le parole pronunciate da due grandi della letteratura dell'800, quali Edgar Allan Poe e Charles Baudelaire. Qui di seguito un estratto dai loro testi:

Edgar Allan Poe, The Daguerreotype, 15 gennaio 1840Edgar Allan Poe
La parola si scrive Daguerréotype, e si pronuncia come se fosse scritta Dagairraioteep. Il nome dell'inventore è Daguerre, ma il francese richiede l'accento sulla seconda…
Lo strumento stesso va senza dubbio considerato come il più importante e forse il più straordinario trionfo della scienza moderna. Non abbiamo qui lo spazio per ripercorrere la storia dell'invenzione, la cui idea originaria deriva dalla camera obscura, e anche i dettagli del processo fotogenico (dal greco disegnare con la luce) sono troppi per essere descritti ora. (...) Ogni linguaggio è insufficiente quando si tratta di trasmettere l'idea del vero, e questa non apparirà nel suo splendore se riflettiamo sul fatto che l'origine della visione stessa è stata il disegnatore. Forse, se immaginiamo con quanta chiarezza un oggetto si riflette in uno specchio assolutamente perfetto, ci avviciniamo alla realtà di più che in qualunque altro modo.
In verità la lastra dagherrotipica è infinitamente (usiamo questo termine con cognizione di causa), infinitamente più accurata nella rappresentazione di qualunque dipinto realizzato dalla mano umana. Se esaminiamo un'opera d'arte normale per mezzo di un potente microscopio, ogni traccia dl somiglianza con la natura sparirà, ma l'analisi più ravvicinata del disegno creato dalla luce rivela solo un vero ancora più assoluto, una ancora più perfetta identità di aspetto con le cose rappresentate. Le variazioni d'ombra e le gradazioni sia della prospettiva lineare che di quella aerea sono quelle del vero stesso nell'altezza della sua perfezione.
Non possiamo neppure lontanamente immaginare quali saranno gli sviluppi e le conseguenze dell'invenzione, ma tutte le esperienze, nel campo delle scoperte filosofiche, ci insegnano che è sull'imprevisto che dobbiamo maggiormente fare le nostre valutazioni. È un teorema quasi dimostrato che le conseguenze di ogni nuova invenzione scientifica sono destinate ad andare molto oltre le più grandi aspettative dei più fantasiosi. (…)

Charles BaudelaireCharles Baudelaire, Salon de 1859, 1859, trad. it. di A. Luzzato
È sorta in questi deplorevoli giorni una nuova industria che ha contribuito non poco a distruggere ciò che di divino forse restava nello spirito francese. È noto che la folla idolatra richiedeva un ideale degno di sé e conforme alla propria natura. In fatto di pittura e di statuaria, il Credo attuale della buona società, soprattutto in Francia (e ritengo che nessuno osi affermare il contrario), è questo: «Credo nella natura e non credo che nella natura (ci sono buone ragioni per questo). Credo che l’arte sia e non possa essere che la riproduzione esatta della natura (una setta timida e dissidente vuole che siano esclusi gli oggetti ripugnanti come un vaso da notte o uno scheletro). Sicché l’industria che ci desse un risultato identico alla natura sarebbe l’arte assoluta».
Un Dio vindice ha esaudito i voti di questa moltitudine. Daguerre fu il suo Messia. E allora essa disse tra sé: «Giacché la fotografia ci dà tutte le garanzie d’esattezza che si possono desiderare (credono questo, gli insensati!) l’arte è la fotografia». Da quel momento, l’immonda compagnia si precipitò, come un solo Narciso, a contemplare la propria triviale immagine sul metallo (…).
Poiché l’industria fotografica era il rifugio di tutti i pittori mancati, scarsamente dotati o troppo pigri per compiere i loro i studi, questa frenesia universale aveva non solo il carattere dell’accecamento e dell’imbecillità, ma anche il colore d’una vendetta. Che un così stupido complotto, nel quale si trovano, come in tutti gli altri, i malvagi e i gonzi, possa riuscire in modo assoluto non credo, o almeno non voglio credere; ma sono convinto che i progressi male applicati della fotografia hanno contribuito molto, come d’altronde tutti i progressi puramente materiali, all’impoverimento del genio artistico francese, già così raro.
La fatuità moderna avrà un bel ruggire, eruttare tutti i gorgoglii della sua tonda personalità, vomitare tutti i sofismi indigesti di cui una recente filosofia l’ha rimpinzata a crepapelle, ciò va inteso nel senso che l’industria, facendo irruzione nell’arte, ne diviene la più mortale nemica, e la confusione delle funzioni fa sì che nessuna sia compiuta a dovere. La poesia e il progresso sono due ambiziosi che si odiano d’un odio istintivo, e, quando s’incontrano sulla stessa strada, bisogna che uno dei due serva l’altro. Se si concede alla fotografia di sostituire l’arte in qualcuna delle sue funzioni, essa presto la soppianterà o la corromperà del tutto, grazie alla alleanza naturale che troverà nell’idiozia della moltitudine.
Bisogna dunque che essa torni al suo vero compito, quello di essere la serva delle scienze e delle arti, ma la serva umilissima, come la stampa e la stenografìa, che non hanno né creato né sostituito la letteratura. Arricchisca pure rapidamente l’album del viaggiatore e ridia ai suoi occhi la precisione che può far difetto alla sua memoria, adorni pure la biblioteca del naturalista, ingrandisca gli animali microscopici, conforti perfino di qualche informazione le ipotesi dell’astronomo; sia, insomma, il segretario e il taccuino di chiunque nella sua professione ha bisogno d’un’assoluta esattezza materiale, fin qui nulla di meglio. Salvi pure dall’oblio le rovine cadenti, i libri, le stampe e i manoscritti che il tempo divora, le cose preziose di cui va sparendo la forma, che chiedono un posto negli archivi della nostra memoria: sarà ringraziata e applaudita (…)

 

EDGAR ALLAN POE

Edgar Allan PoeEdgar Allan Poe, Il Dagherrotipo, 1840

Ecco come il grande scrittore americano parla dell'invenzione di Daguerre, appena un anno dopo la diffusione della notizia:

La parola si scrive Daguerréotype, e si pronuncia come se fosse scritta Dagairraioteep. Il nome dell'inventore è Daguerre, ma il francese richiede l'accento sulla seconda…
Lo strumento stesso va senza dubbio considerato come il più importante e forse il più straordinario trionfo della scienza moderna. Non abbiamo qui lo spazio per ripercorrere la storia dell'invenzione, la cui idea originaria deriva dalla camera obscura, e anche i dettagli del processo fotogenico (dal greco disegnare con la luce) sono troppi per essere descritti ora. (...) Ogni linguaggio è insufficiente

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LA NASCITA DELLA FOTOGRAFIA

Daguerre03E' il 6 gennaio del 1839 quando il quotidiano parigino "Gazette de France" annuncia l'invenzione della fotografia. Ecco alcuni passi salienti dell'articolo:

"Annunciamo un’importante scoperta fatta da Monsieur Daguerre, celebre pittore del Diorama. Questa scoperta sembra un prodigio. Sconvolge tutte le teorie sulla luce e l'ottica e promette di fare una rivoluzione nelle arti del disegno.

M. Daguerre ha scoperto un metodo per fissare le immagini che si dipingono da sole dentro una camera oscura, in modo che queste immagini non sono il riflesso temporaneo dell'oggetto, ma la loro impronta fissa e durevole, che, come un dipinto o un’incisione, non ha più bisogno della presenza dell’oggetto.
Immaginate la fedeltà dell'immagine catturata dalla camera oscura e aggiungete ad essa l’azione dei raggi solari che fissano questa immagine, con tutte le sue gradazioni di luci, ombre e mezze tinte, e avrete un’idea dei bei disegni con i quali M. Daguerre ha gratificato la nostra curiosità.
Il suo procedimento richiede una lastra di metallo lucido…
I signori Arago, Biot, e Von Humboldt, hanno accertato la veridicità di questa scoperta, che ha suscitato la loro ammirazione e sarà proprio Monsieur Arago a farla conoscere fra pochi giorni all'Accademia delle Scienze….
Natura morta e architettura sono il trionfo dell’apparecchio che M. Daguerre intende chiamare con il suo nome: Daguerotype. Un ragno morto, visto al microscopio solare, mostra un tale dettaglio che si può studiare la sua anatomia, con o senza una lente di ingrandimento, come se fosse la natura stessa. Non c’è una fibra, non un vaso che non si possa seguire ed esaminare.
Per qualche centinaio di franchi i viaggiatori potranno presto procurarsi un apparechio di M. Daguerre e riportare vedute dei monumenti più belli e dei più deliziosi scenari di tutto il mondo. Vedranno quanto lontano le loro matite e pennelli sono dalla verità della Daguerotype. Ma i disegnatori e i pittori non si disperino: i risultati ottenuti da M. Daguerre sono molto diversi dalle loro opere, e, in molti casi, non possono sostituirli…" 

Daguerre02

1838 Daguerre - Parigi, Boulevard du Temple

  

Daguerre01

1839 Daguerre - Natura morta

 

 

LEONARDO DA VINCI

LEONARDODAVINCILO STUDIO DELLA LUCE E DEI FENOMENI OTTICI, PRIMA DELL'INVENZIONE DELLA FOTOGRAFIA


L’invenzione della fotografia venne ufficialmente attribuita a Louise Daguerre nel 1839 ma non fu certamente frutto dell’intuizione repentina di un genio bensì l’esito di studi, ricerche e sperimentazioni nei campi dell’ottica e dell’alchimia (poi diventata “chimica”), iniziati diversi secoli prima del 1839.
Sentite cosa diceva intorno al 1500 Leonardo da Vinci sul “foro stenopeico”, il primo congegno ottico in grado di produrre un’immagine, per quanto effimera, della realtà:

“...dico che, se una faccia d’uno edifizio o altra piazza o campagna che sia illuminata dal sole, arà al suo opposito un’abitazione, e in quella faccia che non vede il sole sia fatto uno spiraculo rotondo, che tutte le alluminate cose manderanno la loro similitudine per detto spiraculo e appariranno dentro all’abitazione nella contraria faccia, la quale vol essere bianca, e saranno lì appunto e sottosopra, e se per molti lochi di detta faccia facessi simili busi, simile effetto sarebbe per ciascuno...

DANIELEBARBAROSettant’anni dopo, nell’anno 1569, il veneziano Daniele Barbaro, docente presso l’università di Padova e autore di un trattato sulla prospettiva (“La pratica della perspettiva”), descrive l’uso della lente convergente biconvessa e della “camera oscura” (in questo caso una stanza) per ottenere immagini disegnate con molta precisione.
Ascoltiamolo:
... serra poi tutte le finestre, e le porte della stanza, finché non vi sia luce alcuna, se non quella che viene da vetro, piglia poi uno foglio di carta, et ponlo incontra il vetro tanto discosto, che tu veda minutamente sopra 'l foglio tutto quello che è fuori di casa, il che si fa in una determinata distanza piú distintamente. Il che troverai accostando, overo discostando il foglio al vetro, finché ritroverai il sito conveniente. Qui vi vedrai le forme nella carta come sono, e le digradationi, e i colori, e le ombre, e i monumenti, le nubi, il tremolar delle acque, il volare degli uccelli, e tutto quello che si può vedere... vedendo dunque nella carta i lineamenti delle cose, tu puoi con un penello segnare sopra la carta tutta la perspettiva, che apparerà in quella e ombreggiarla, e colorirla teneramente, secondo che la natura ti mostrerà, tenendo ferma la carta fin che haverai fornito il disegno...

TIPHAIGNE DE LA ROCHE

CopertinaCon "Citazioni d'Autore" do il via ad un'altra rubrica che, di volta in volta, vi proporrà frammenti del pensiero di fotografi e "pensatori" in ambito fotografico che hanno segnato in varia misura la storia della fotografia.

Mi piace iniziare con un profetico testo, estratto dall'opera di Charles François Tiphaigne de La Roche (1722 – 1774), medico e scrittore francese che nel 1760 pubblica in maniera anonima un romanzo utopistico intitolato Giphantie. Nella sua fantasiosa opera l'autore preconizza in maniera sbalorditiva l'invenzione della fotografia, mostrando in tal modo quanto quell'invenzione fosse attesa e in gestazione già molto tempo prima che Niepce producesse le sue prime "eliografie", negli anni '20 del secolo successivo.

Adriano Frisanco

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