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STORIA DELLA FOTOGRAFIA

Contributo di AF0100056FLORIANO MENAPACE

Anche la Fotografia ha una sua Storia, i suoi patriarchi, eroi, geni e santi. Ci sono alcuni aspetti che riguardano la fotografia che vanno oltre a quelli della sua evoluzione tecnica individuabili sommariamente in culturali, sociali, economici, estetici…
Una storia da non confondere con la solita cronologia di tipo scolastico, ma fatta di immagini considerate di volta in volta, dagli studiosi fino al semplice fotoamatore, motivo di passione, curiosità, divertimento, benessere, denuncia, documentazione, esibizione, narcisismo, ...
Ma la storia è anche da considerare maestra di vita e pertanto fonte di informazione, di spunto, di confronto, storia come materia alla quale ispirarsi, portatrice di esempi da seguire, senza l'imbarazzo di sentirsi dire che si copia spudoratamente.
Piuttosto è da prendere questa possibilità come punto di partenza per tentativi ed esperimenti con i quali, piano piano, pervenire ad una proposta personale che usa, magari, le tecniche antiche come modello a cui aspirare, o quelle contemporanee, limitando il risultato della ripresa a minimi e essenziali ritocchi.
Poi c'è anche la necessità di arricchire il proprio bagaglio con la conoscenza delle opere dei maestri, dei libri che hanno pubblicato, siano quelli pieni di foto, o quelli solamente teorici; vero sale del sapere fotografico sono, le loro biografie, interviste, esperienze, capire il loro stile. Le mostre da visitare, il guardare direttamente, dal vivo le opere in modo da produrre riferimenti diretti per noi che viviamo in un mondo virtuale e troppo spesso fittizio.
L'esperienza dovrebbe maturarsi sul campo con l'occhio attento all'insieme di tanti elementi, dall'infinito al sublime, ma anche con attenzione alle cose minime, indicatrici di culture perdute, assieme a fotografi esperti, persone che sanno, oltre alla meccanicità del vedere, guardare consapevolmente la realtà, ricavarne stimoli visivi che possano andare oltre il sorprendente, il simpatico, il lezioso, ma sappiano entrare anche in mondi apparentemente vuoti, disadorni, silenziosi, polverosi, umbratili, misteriosi, ermetici, spaventosi, i “non-luoghi”. In queste esperienze c'è una totale partecipazione fisica, psichica e culturale.
Dopo aver premuto il pulsante di scatto esce la prova di quanto siamo in grado di dire consapevolmente con le nostre immagini. La fotografia dunque è anche mezzo per misurarci, per valutare lo stato del nostro guardare, ma anche la profondità delle nostre esperienze.
Come ricordava in un suo scritto Robert Adams: “Il metodo di lavoro che sembra funzionare meglio è andare nel paesaggio che ti fa più paura e fotografare fino a che non sei più intimorito". (Robert Adams, Two Landascapes, 1994).

ASTROFOTOGRAFIA

Mineral Moon compo 2

Giovedì 11 febbraio, dalle 20.30 alle 22.30, appuntamento per una serata divulgativa dedicata alla fotografia del cielo e del paesaggio notturno! Sarà la prima di una serie di iniziative riguardanti l'affascinante mondo della fotografia astronomica, tenuta da Gianni Pasquali.

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LA PROFONDITA' DI CAMPO

profondità di campoQuando osserviamo le cose con i nostri occhi le vediamo sempre nitide, che siano lontane o vicine (difetti di vista a parte, s’intende). Se stiamo leggendo un libro, tenendolo a una trentina di centimetri da noi, riusciamo a distinguere perfettamente i caratteri stampati. Se spostiamo lo sguardo verso la persona che, a qualche passo da noi, ci ha rivolto la parola, la vediamo perfettamente nitida e se quella persona ci indica il profilo delle montagne sullo sfondo, lontane qualche chilometro, a noi appariranno ugualmente nitide.

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LA MESSA A FUOCO

disegno x messa a fuocoLa MESSA A FUOCO è, senza ombra di dubbio, una delle operazioni più importanti e determinanti nella pratica fotografica ed è argomento tecnico ma anche denso di pregnanza espressiva. Dal punto di vista ottico-meccanico consiste nel regolare la distanza fra l'obiettivo e il supporto fotosensibile (pellicola o sensore) in modo tale da rendere nitido il soggetto della ripresa. Nel corso dei decenni la tecnologia ha sviluppato soluzioni sempre più sofisticate permettendo il raggiungimento di un controllo estremamente preciso della stessa. Risale al 1977 l'introduzione dell'autofocus in una fotocamera prodotta in serie e, da quel momento inizia una progressione che porterà, oltre agli indiscutibili vantaggi, ad una progressiva "perdita di coscienza" da parte dei fotografi, soprattutto quelli “della domenica”.

055Mi spiego meglio: fino a qualche decennio fa un fotografo che portava all'occhio una fotocamera cercava immediatamente la ghiera di messa a fuoco, essendo cosa scontata che la prima cosa da fare era di rendere nitido il soggetto. L’introduzione della messa a fuoco automatica (“autofocus”) se, da un lato, ha reso più veloce e più precisa l’operazione, dall’altro ha fatto progressivamente dimenticare la sua stessa esistenza, spodestando di fatto il fotografo, togliendogli l’onere ma anche l’onore di decidere cosa, all’interno di una fotografia, deva risultare nitido e cosa possa o deva esserlo meno. Infatti, è proprio attraverso un sapiente uso della messa a fuoco e della profondità di campo (derivante dal valore di apertura del diaframma) che l’autore della fotografia può rafforzarne il senso creando una “gerarchia” fra i vari piani più o meno nitidi, fornendo in tal modo all’osservatore dell’immagine la chiave per interpretarla correttamente.

Molto interessante si rivela ripercorrere le opinioni che si sono avvicendate sull’argomento nel corso del tempo e qui sotto ne citiamo due fra le più note e, per giunta, antitetiche.

CameronAttorno al 1865 Julia Margaret Cameron, appassionata fotografa della Londra vittoriana, replicava agli accademici londinesi che stigmatizzavano la sua "libertà" nella messa a fuoco, scrivendo all'amico Herschel queste parole:

"…al di sopra della Fotografia topografica puramente convenzionale consistente nel fare una mappa, nel dare a uno scheletro fattezze e forme senza quella rotondità e pienezza di forza, quel modellare di carni e di membra che soltanto la mia particolare messa a fuoco può dare, per quanto sia chiamata “fuori fuoco” e come tale condannata. Che cos’è il fuoco? E chi ha il diritto di dire qual è il fuoco giusto? La mia aspirazione è di nobilitare la Fotografia e di assicurarle il carattere e le qualità di una grande arte combinando insieme il reale e l’ideale e nulla sacrificando della Verità pur con tutta la possibile devozione alla Poesia e alla Bellezza…"

Se la Cameron proclamava la legittimità dei suoi "sfocati", nel 1932 Ansel Adams, Edward Weston e altri sei fotografi americani dichiaravano guerra alla sfocatura e al pittorialismo in fotografia, fondando il gruppo F 64, nome riferito al valore di diaframma molto chiuso che avevano scelto quasi a bandiera del loro modo di concepire la fotografia: nitidezza a tutto campo, dal primo piano all'infinito.

BresciaAnselAdams1Cosa se ne potrebbe concludere? Forse Cameron contro Adams uno a zero? O viceversa?

È mia profonda convinzione che la questione sia molto semplice: la messa a fuoco corretta è quella che più corrisponde agli intenti comunicativi del fotografo. Da questa apparente ovvietà deriva invece un'assunzione di responsabilità che ogni fotografo avveduto deve far propria ed è quella di decidere, per ogni foto che scatta, quale sia il piano di messa a fuoco più corretto e la profondità di campo più funzionale alla fotografia che sta per scattare. Potremmo semplicemente chiamarla consapevolezza quella condizione in cui il fotografo si chiede cosa sta facendo, cosa vuol comunicare attraverso la fotografia che sta per fare e sceglie le opzioni tecniche più adatte a raggiungere i propri scopi espressivi.

LA PROSPETTIVA

LA PROSPETTIVA, QUESTA ILLUSTRE SCONOSCIUTA

Uno degli effetti interessanti e più importanti, prodotto dai diversi obiettivi ma pressoché sconosciuto al fotografo principiante è la prospettiva.

COS’È LA PROSPETTIVA?

Cerchiamo di dare una definizione concreta e utile di questa parola:
"La prospettiva è quel fenomeno percettivo grazie al quale le cose appaiono tanto più piccole quanto più sono lontane da noi"
Esempi noti a tutti sono quelli forniti da un viale alberato che, osservato da una certa posizione, fa apparire gli alberi sempre più bassi, così come gli edifici che lo costeggiano sembrano rimpicciolire fino a scomparire in lontananza. Questo fenomeno, anche se ci fa credere una cosa non vera, ci è indispensabile per valutare la distanza che ci separa dalle cose ed è lo stesso per tutti gli esseri umani.
Ma non succede così in fotografia! L’effetto prospettico con cui vengono rappresentate le scene dipende dall’angolo di ripresa dell’obiettivo, secondo la seguente modalità:

  • il grandangolo esagera la prospettiva e fa sembrare più profondo lo spazio davanti a noi
  • il normale riproduce la scena con lo stesso effetto prospettico della nostra vista (da qui il termine "normale")
  • il teleobiettivo riduce la prospettiva, comprime i vari piani facendo sembrare le cose più vicine fra loro.

Osservate le quattro immagini che seguono: mostrano Piazza Duomo di Trento ripresa dalla stessa posizione con quattro diverse regolazioni dello zoom: 17, 28, 50, 100 mm. A un primo sguardo risulta palese la progressiva riduzione della porzione di piazza inglobata nell’inquadratura e il conseguente ingrandimento degli elementi ripresi, effetto dell’angolo di ripresa sempre più stretto, ma, a uno sguardo più attento, si può anche notare la progressiva apparente “compressione” dello spazio, con una piazza che appare sempre meno profonda, mano a mano che l’angolo di campo si restringe.

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LA LUNGHEZZA FOCALE

Zoom, grandangolo, zoomare, teleobiettivo, 100 mm, normale… sono termini che i fotografi usano spesso, esperti o principianti che siano, riferendosi a una importante caratteristica fisica degli obiettivi: la lunghezza focale.

COS’È LA LUNGHEZZA FOCALE?

In termini tecnici è semplicemente “la distanza fra il centro ottico dell’obiettivo e il piano su cui quel dato obiettivo mette a fuoco un soggetto posto all’infinito”, come mostra l’immagine qui sotto.Fig. 001 - la lunghezza focale

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B come BILANCIAMENTO DEL BIANCO

wb01

Sarà capitato a tutti di scattare fotografie in un interno e di ottenere immagini dai toni esageratamente caldi, con una evidente dominante giallo/rossastra. Quel difetto dipende da un’errata impostazione della funzione bilanciamento del bianco, indicata dalla sigla WB (White Balance), su tutte le fotocamere digitali.
La luce che illumina il mondo non è sempre costante. La luce solare, ad esempio, sappiamo avere tonalità più calde (rossastre) all’alba e al tramonto e più fredde (blu) prima dell’alba o al crepuscolo. Anche nelle giornate con il cielo coperto si percepisce una certa “freddezza” della luce.

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Z come ZOOM 2° PARTE

 

Obiettivo normaleCome già affermato nella prima parte dell'articolo, considero indispensabile per il fotografo la piena consapevolezza che le diverse lunghezze focali, ovvero le diverse possibili regolazioni dello zoom, determinano un modo diverso di riprodurre la scena fotografata, di rendere lo spazio e la sua profondità.

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Z come ZOOM 1° PARTE

obiettivi2Alla domanda che pongo agli allievi dei miei corsi per principianti su cosa significhi, in fotografia, la parola “zoom”, mi sento rispondere nelle maniere più varie e strampalate: “è l’ingrandimento del soggetto”, oppure “è l’avvicinamento o l’allontanamento degli oggetti”, o ancora “è quando non si vuole riprendere delle cose vicine al soggetto”. Raramente viene data la risposta corretta:
LO ZOOM È SEMPLICEMENTE UN TIPO DI OBIETTIVO FOTOGRAFICO, CAPACE DI VARIARE IL PROPRIO ANGOLO DI RIPRESA.
Prima di addentrarci nell’argomento è utile fare una breve premessa di carattere storico.

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M come MESSA A FUOCO


CameronAttorno al 1865 Julia Margaret Cameron, appassionata fotografa della Londra vittoriana, replicava agli accademici londinesi che stigmatizzavano la sua "libertà" nella messa a fuoco, scrivendo all'amico Herschel queste parole:
"…al di sopra della Fotografia topografica puramente convenzionale consistente nel fare una mappa, nel dare a uno scheletro fattezze e forme senza quella rotondità e pienezza di forza, quel modellare di carni e di membra che soltanto la mia particolare messa a fuoco può dare, per quanto sia chiamata “fuori fuoco” e come tale condannata. Che cos’è il fuoco? E chi ha il diritto di dire qual è il fuoco giusto? La mia aspirazione è di nobilitare la Fotografia e di assicurarle il carattere e le qualità di una grande arte combinando insieme il reale e l’ideale e nulla sacrificando della Verità pur con tutta la possibile devozione alla Poesia e alla Bellezza…"

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